Dal 10 dicembre Al 15 dicembre

LIKE KIRIBATI. Delirio finale III cap. della Trilogia di una Crisi

scritto e diretto da Giuseppe Provinzano
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  • Crediti:

    LIKE KIRIBATI
    delirio finale
    III cap. della Trilogia di una Crisi

    scritto e diretto da Giuseppe Provinzano
    con Sergio Beercock, Noa Di Venti, Chiara Muscato

    luci di Gabriele Gugliara
    musiche di Beercock
    scene di Petra Trombini
    costumi Vito Bartucca
    organizzazione Agnese Gugliara

    Una produzione Babel e Teatro Biondo di Palermo
    con il sostegno di Spazio Franco-Laboratorio per la creazione contemporanea
    e in collaborazione con Latitudini- rete per la scena contemporanea siciliana

Alfredo, Betta e Gemma abitano un pezzo di terra, circondato dal mare, di 3m x 3m: non sono naufraghi, non vivono la loro quotidianità con disperazione ma piuttosto con una sorta di consapevole rassegnazione.
Vivono (?) ingerendo pillole: per sostentarsi, per idratarsi, per addormentarsi per eccitarsi o per rilassarsi e stanno… in quello che può sembrare apparentemente un esperimento scientifico-sociale ma che appare sempre di più come un fallimento (dell’umanità?). Non lo ammettono ma sanno, in cuor loro, di essere abbandonati a loro stessi: e mentre hanno quasi perso ogni speranza si tengono ben stretti agli ultimi aneliti di vita.
Vivono (?) uno spazio/tempo dove condividere assurde futilità che però li aiutano a sentirsi vivi, imporre vezzi e coltivare fragili speranze mentre vivono (?) un presente senza futuro, con tutto quello che questo comporta. Alfredo, Betta e Gemma hanno approcci diversi di fronte alla catastrofe. Un futuro, più o meno lontano, sicuramente distopico, in cui le terre emerse, come le conosciamo oggi, non esistono più, in cui la Natura si é ripresa il suo spazio: 3 umanità a confronto immaginando la surreale e assurda fine delle prospettive dell’umanità sulla Terra da un punto di vista relazionale, emozionale, onirico. 

LIKE KIRIBATI é il 3o capitolo della Trilogia della Crisi e una nuova declinazione della Crisi, che guarda con una certa dose di ironica critica all’Agenda 2030 dell’Unione Europea e ad i suoi obiettivi di carta: il titolo omaggia Kiribati, un arcipelago dell’Oceano Pacifico destinato a essere il primo Stato abituato dall’Uomo a scomparire a causa dell’innalzamento delle acque per via del riscaldamento globale. Presto, entro i prossimi 50 anni: una drammaturgia originale dai tratti immaginifici, futuristici e surreali, laddove per su-realtá si intende l’immaginazione di un piano di relazioni e situazioni probabili ma acroniche, un futuro distopico che, senza nulla volere aggiungere ai tanti ragionamenti politici e di merito che si stanno facendo (blablabla) in questi anni, vuole porre l’accento e una sua declinazione guardando, come fa il teatro, ai rapporti tra gli esseri umani di fronte a una situazione irrecuperabile. Perché, diciamocelo chiaramente, non è la Terra in quanto Pianeta in Crisi… ma lo è la nostra esistenza su di essa, perché Lei, la Terra, dopo averci sopportato, ci sopravviverà!

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