LIKE KIRIBATI. Delirio finale III cap. della Trilogia di una Crisi
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Crediti:
LIKE KIRIBATI
delirio finale
III cap. della Trilogia di una Crisiscritto e diretto da Giuseppe Provinzano
con Sergio Beercock, Noa Di Venti, Chiara Muscatoluci di Gabriele Gugliara
musiche di Beercock
scene di Petra Trombini
costumi Vito Bartucca
organizzazione Agnese GugliaraUna produzione Babel e Teatro Biondo di Palermo
con il sostegno di Spazio Franco-Laboratorio per la creazione contemporanea
e in collaborazione con Latitudini- rete per la scena contemporanea siciliana
Alfredo, Betta e Gemma abitano un pezzo di terra, circondato dal mare, di 3m x 3m: non sono naufraghi, non vivono la loro quotidianità con disperazione ma piuttosto con una sorta di consapevole rassegnazione.
Vivono (?) ingerendo pillole: per sostentarsi, per idratarsi, per addormentarsi per eccitarsi o per rilassarsi e stanno… in quello che può sembrare apparentemente un esperimento scientifico-sociale ma che appare sempre di più come un fallimento (dell’umanità?). Non lo ammettono ma sanno, in cuor loro, di essere abbandonati a loro stessi: e mentre hanno quasi perso ogni speranza si tengono ben stretti agli ultimi aneliti di vita.
Vivono (?) uno spazio/tempo dove condividere assurde futilità che però li aiutano a sentirsi vivi, imporre vezzi e coltivare fragili speranze mentre vivono (?) un presente senza futuro, con tutto quello che questo comporta. Alfredo, Betta e Gemma hanno approcci diversi di fronte alla catastrofe. Un futuro, più o meno lontano, sicuramente distopico, in cui le terre emerse, come le conosciamo oggi, non esistono più, in cui la Natura si é ripresa il suo spazio: 3 umanità a confronto immaginando la surreale e assurda fine delle prospettive dell’umanità sulla Terra da un punto di vista relazionale, emozionale, onirico.
LIKE KIRIBATI é il 3o capitolo della Trilogia della Crisi e una nuova declinazione della Crisi, che guarda con una certa dose di ironica critica all’Agenda 2030 dell’Unione Europea e ad i suoi obiettivi di carta: il titolo omaggia Kiribati, un arcipelago dell’Oceano Pacifico destinato a essere il primo Stato abituato dall’Uomo a scomparire a causa dell’innalzamento delle acque per via del riscaldamento globale. Presto, entro i prossimi 50 anni: una drammaturgia originale dai tratti immaginifici, futuristici e surreali, laddove per su-realtá si intende l’immaginazione di un piano di relazioni e situazioni probabili ma acroniche, un futuro distopico che, senza nulla volere aggiungere ai tanti ragionamenti politici e di merito che si stanno facendo (blablabla) in questi anni, vuole porre l’accento e una sua declinazione guardando, come fa il teatro, ai rapporti tra gli esseri umani di fronte a una situazione irrecuperabile. Perché, diciamocelo chiaramente, non è la Terra in quanto Pianeta in Crisi… ma lo è la nostra esistenza su di essa, perché Lei, la Terra, dopo averci sopportato, ci sopravviverà!
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