Mamma “Piccole tragedie minimali”
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Crediti:
MAMMA "Piccole Tragedie Minimali"
di Annibale Ruccello
regia Antonella Moreacon Rino Di Martino
aiuto regia e scene Giovanni Piscitelli
light designer Salvatore Palladino
truccatore Vincenzo Cucciara
realizzazione scene UpStage
costumi I Dominorosa
produzione TTR- ilteatro di Tato Russo
Mamma “Piccole tragedie minimali” è uno degli ultimi scritti di Annibale Ruccello nonché l’ultimo testo che ha interpretato, nel luglio 1986, prima della sua prematura scomparsa. Quattro brevi atti unici che racchiudono tutto il senso della produzione ruccelliana, squisitamente rappresentativi dello studio che il geniale drammaturgo ha portato avanti sui cambiamenti della società, dei desideri e del linguaggio delle classi meno colte, quelle più toccate dalle prime conseguenze culturali della “globalizzazione” degli anni ’80, dalla prepotente diffusione di messaggi e miti televisivi.
NOTE DI REGIA
Quando mi è arrivata la proposta dal Teatro Bellini di fare la regia di un testo, ho provato un immenso piacere ma anche una immensa paura: non mi sono mai trovata dall’altra parte e proprio non so come si sta fuori dal palcoscenico. «Che testo scegliere? Su quale territorio muoversi?». Sul piano della drammaturgia contemporanea la scelta non poteva che ricadere su Annibale Ruccello! Annibale che conoscevo dai tempi di Gatta Cenerentola quando, ricordo, assisteva a tutte le nostre prove e collaborava con il nostro comune maestro Roberto De Simone. Annibale con il quale avevo ed ho in comune il mondo popolare che lui conosceva bene in quanto studioso di antropologia e delle tradizioni popolari e che io cominciavo a conoscere ed amare e che giorno per giorno mettevo in pratica recitando cantando e “tammurriando”. Annibale, infine, autore di Anna Cappelli che è stata la mia prima fortunata esperienza di monologante. Ho scelto Mamma. Piccole tragedie minimali, e immediatamente ho pensato a Rino Di Martino come interprete di questi quattro monologhi dove mamme malefiche raccontano ancora fiabe e che poi via via si trasformano nei vari episodi in figure irrimediabilmente corrotte dai mass-media, una folla di donne attorniate da ragazzini che si chiamano Deborah, Samanta, Morgan, nelle cui conversazioni si confondono messaggi personali, echi televisivi, slogan di rotocalchi; dove la pubblicità si sovrappone alle confidenze – le telenovelas alla sfera privata e gli inni liturgici alle canzonette di Sanremo. Deliri verbali fondati sulla contaminazione e alterazione del linguaggio. La perdita di rituali propiziatori e liberatori usati nel mondo contadino come protezione e rivelazione dell’inconscio.
La contaminazione cui tali rituali sono stati sottoposti dall’ingresso dei media con la conseguente perdita dell’identità collettiva. La ritualità e il mondo popolare sono il motore di tutta la messinscena dove l’ambiguo maschile/femminile esprime al meglio il carattere tragicomico dei personaggi.
Antonella Morea
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