Dal 28 maggio Al 02 giugno

One song – Historie(s) du Théâtre IV

concept, regia e scenografia Miet Warlop
Calendario
  • Crediti:

    One song – Historie(s) du Théâtre IV
    concept, regia e scenografia Miet Warlop 

    con Simon Beeckaert, Elisabeth Klinck, Willem Lenaerts, Milan Schudel, Melvin Slabbinck, Joppe Tanghe, Karin Tanghe, Wietse Tanghe
    e con Imran Alam, Stanislas Bruynseels, Judith Engelen, Flora Van Canneyt 

    musica Maarten Van Cauwenberghe
    testo della canzone Miet Warlop
    con la consulenza artistica di Jeroen Olyslaegers
    drammaturgia Giacomo Bisordi
    costumi Carol Piron & Filles à Papa
    suono Bart Van Hoydonck
    luci Dennis Diels 

    produzione NTGent, Miet Warlop / Irene Wool vzw
    coproduzione Festival d’Avignon, DE SINGEL (Anversa), Tandem Scène Nationale (Arras-Douai), Théâtre Dijon Bourgogne - Centre dramatique national (Dijon), HAU Hebbel am Ufer (Berlino), La Comédie de Valence - Centre dramatique national Drôme – Ardèche (Valenza), Teatre Lliure (Barcellona)

    con il supporto di Governo delle Fiandre, Città di Ghent, Tax Shelter del Governo Federale del Belgio
    con l’aiuto di Frans Brood Productions

  • Durata Spettacolo: 60 minuti

Una performance in cui presente, passato e futuro si incontrano in modo unico, un rituale d’addio, di vita e di morte, di speranza e di resurrezione: con ONE SONG – HISTOIRE(S) DU THÉÂTRE IV risponde in maniera esplosiva alla domanda postale dal regista Milo Rau, «Qual è la tua storia come artista teatrale?»

Le Monde ne ha parlato come di «uno spettacolo emozionante, che cattura la vita e le sue infinite variazioni»; per il New York Times è «rumoroso, assurdo e incredibilmente divertente». È ONE SONG – HISTOIRE(S) DU THÉÂTRE IV, creazione dell’artista visiva Miet Warlop, quarto di quella serie di “racconti teatrali” che con NTGent il regista Milo Rau ha commissionato in prima istanza a se stesso, quindi a Faustin Linyekula, Angélica Liddell e, appunto, a Warlop, sulla base della domanda: «Qual è la tua storia come artista teatrale?» 

Warlop ha risposto creando una performance in cui presente, passato e futuro si incontrano in modo unico: un gruppo di performer scende nell’arena per compiere un rituale d’addio, di vita e di morte, di speranza e di resurrezione. Immersi in un bagno di sudore, bruciando tutto l’ossigeno possibile, cantando, creando immagini e manipolando oggetti, cercheranno di oltrepassare i propri limiti. Assieme, ingaggeranno una lotta contro il tempo, nel tentativo di trascendere il loro e il nostro corpo pensante.
In questa nuova creazione, Warlop – belga, classe 1978, attiva tra Ghent e Bruxelles, dal 2004 affermatasi sulla scena internazionale – fa riecheggiare sul palco una parte consistente della sua storia artistica e personale. In ONE SONG si riconoscono elementi di creazioni precedenti, dal concerto-rituale coreografico di Ghost writer and the broken hand break (2018), all’invito a un respiro collettivo per esorcizzare le nostre paure alla base di Fruits of labor (2016, una performance concepita come “un antidolorifico per il mondo”); o lo sforzo fisico come metafora, elemento fondante della ricerca artistica di Warlop iniziata nel 2005 con Sportband / afgetrainde klanken, una creazione innescata dal desiderio di creare un requiem per il fratello morto.

Attraverso la metafora di un match sportivo-concerto dal vivo, con tanto di commentatrice e cheerleader, in ONE SONG Warlop ci invita a formare una comunità e a trascendere noi stessi. Così che il particolare possa diventare universale e il personale diventare collettivo. È il senso ultimo di ONE SONG: come una canzone possa donare un senso e un significato a un’intera società. Unità nella diversità.

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